
Comitato Acqua Pubblica Grugliasco
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un momento pubblico di dibattito e confronto sull'applicazione del Referendum del 12-13 giugno 2011, per cui hanno votato SÌ 26 milioni di italiani (20 mila
solo a Grugliasco) e che tuttavia oggi viene calpestato dalle istituzioni e dai gestori del servizio idrico.
L'incontro avrà luogo lunedì 16 aprile, alle ore 21, presso il centro «NELLO FARINA» di via San Rocco 20 a Grugliasco. Sono stati invitati tutti i candidati sindaci che
corrono per le elezioni amministrative del 6-7 maggio, e tutte le forze politiche attive in città.
Nella serata sarà lanciata la raccolta firme per una delibera di iniziativa popolare provinciale con l'obiettivo di trasformare SMAT SpA in un'azienda di
diritto pubblico.
Sarà inoltre possibile aderire alla campagna di Obbedienza Civile grazie ad un'apertura straordinaria dello sportello acqua pubblica.
1) Cambierete lo Statuto del Comune per riconoscere l'acqua come bene comune pubblico e la necessità di una gestione pubblica dell'acqua, come approvato all'unanimità dal Consiglio Comunale il 3 marzo 2010?
2) Vi impegnerete nelle sedi opportune per fare cancellare effettivamente la quota di "remunerazione del capitale investito" dalla tariffa del servizio idrico integrato, applicando l'esito del Referendum, e sosterrete i cittadini e il Comitato Acqua Pubblica nella campagna di Obbedienza Civile?
3) Vi impegnerete nelle sedi opportune per trasformare SMAT SpA in Azienda Speciale Consortile di diritto pubblico,per una gestione veramente pubblica, partecipativa e senza scopo di lucro del servizio idrico, come richiede anche il Comitato provinciale Acqua Pubblica con la delibera di inziativa popolare presentata al Consiglio Provinciale?
4) Il Comune di Torino sta cedendo a privati quote di importanti società partecipate, come GTT, che gestisce anche a Grugliasco il trasporto pubblico, o TRM, che sta costruendo l'inceneritore al Gerbido: dismissioni che avranno dunque ripercissioni anche sulla nostra Città. Cosa intendete fare per garantire dei servizi pubblici
locali efficienti, sicuri ed alla portata di tutti i cittadini di Grugliasco?
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IL NOSTRO VOTO
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Cittadini della provincia di Cuneo, un anno fa iniziava la campagna referendaria per escludere dalle regole del mercato e dal profitto il Servizio Idrico Integrato.
Con una partecipazione straordinaria in tutta Italia ed ancora maggiore in provincia di Cuneo, abbiamo detto ai nostri governanti ed ai nostri amministratori locali
che l' ACQUA E' UN BENE COMUNE DA GESTIRE PUBBLICAMENTE, CON DEMOCRAZIA, SOLIDARIETA' E PARTECIPAZIONE.
I nostri governanti, a tutti i livelli, hanno fatto “orecchie da mercanti” e non hanno dato attuazione al nostro voto.
NON POSSIAMO PIU' ATTENDERE!
Il FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L'ACQUA si è nuovamente attivato per ottenere il rispetto del voto referendario del 12 e 13 giugno 2011.
Sono iniziati incontri con il ministero dell'ambiente, con l'autorità garante dell'energia (e ora dell'acqua), con i partiti politici, con le competenti commissioni parlamentari. Più di tutto, ciò che ci caratterizza, è ricominciato il contatto diretto con i cittadini, sulle piazze, nei luoghi pubblici, con manifestazioni ed eventi . E' partita la campagna di OBBEDIENZA CIVILE con la quale i cittadini si autoapplicano le nuove tariffe prive di remunerazione del capitale, rese legali ed obbligatorie dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale aveva ammesso il secondo referendum.
Nel territorio dell'Ambito Ottimale n.4 della provincia di Cuneo, questa campagna è di difficile attuazione perché l'Autorità competente non applica correttamente il metodo ufficiale per la determinazione delle tariffe. Di ciò abbiamo chiesto conto ai nostri amministratori che la governano, in un incontro avvenuto a febbraio e con una lettera inviata ad inizio marzo.
Partirà nei prossimi giorni LA CAMPAGNA DI RIPUBBLICIZZAZIONE delle aziende di gestione.
è il nome che sul nostro territorio abbiamo voluto dare a questa campagna che parte proprio ora, un anno dopo l'inizio della campagna referendaria. Abbiamo preparato una CARTOLINA, da sottoscrivere ed inviare alla presidente Gianna Gancia ed a tutti i membri della Autorità, con la quale chiediamo il ritiro della delibera n.15/2010, riconfermata dalla 2/2011. Delibera nella quale viene stabilita per l'anno 2017 una gara di appalto internazionale per la gestione del servizio idrico in provincia di Cuneo: ciò che apre la strada alla privatizzazione. Delibera che ora è anche illegittima in quanto basata sull'art.23/bis, abrogato dal primo referendum.
L'avvio avverrà durante la fiaccolata per la Liberazione, a Cuneo, la sera del 24 Aprile. Il giorno successivo con la festa LA PRIMAVERA DELL'ACQUA che per il secondo anno si terrà a Beinette a partire dalle 10 del mattino, cui sarà la presentazione ufficiale. Poi verranno organizzati sul territorio eventi e banchetti di raccolta firme dei quali verranno, di volta in volta comunicate date ed orari.
Pensiamo in questo modo di riuscire nuovamente a coinvolgere tutti i cittadini che avevano votato ai referendum.
Infine, il 12 giugno 2012, ad un anno esatto dal quel magnifico risultato referendario, vi invitiamo tutti a partecipare al corteo che consegnerà agli interessati, presso il palazzo della provincia di Cuneo, le migliaia di cartoline che nel frattempo avrete sottoscritto.

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Il Comitato Acqua Pubblica Torino adotta l'articolo 43 della Costituzione della Repubblica Italiana |
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Il Comitato Acqua Pubblica Torino aderisce al concorso "Adotta un articolo della Costituzione" promosso dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato provinciale di Torino.
ARTICOLO 43 DELLA COSTITUZIONE
A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
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La materia dei servizi pubblici trova nella Costituzione almeno due importanti riferimenti: l’art. 41 e l’art. 43, inseriti nel Titolo III dedicato ai rapporti economici, sanciscono rispettivamente la libera iniziativa economica privata e la possibilità di riservare, in specifiche circostanze, determinate attività allo Stato. In queste norme i costituenti hanno in sostanza definito lo spazio del pubblico e del privato, di quelle due dimensioni cioè che devono ritenersi fondamentali per la vita di una democrazia, poiché implicano la forza della res publica e la libera autodeterminazione dei singoli; nel definire questi spazi, si tracciano i limiti oltre cui l’intervento del pubblico può essere considerato invadente e quello del privato minaccioso per la struttura democratica.
Detto questo, è anche doveroso sottolineare, rinunciando ad ogni infatuazione nei confronti dell’uno o dell’altro modello, che la nostra Carta fondamentale non contrappone il pubblico al privato, né tanto meno va a sancirne il primato: il contesto che ha visto nascere la Costituzione è stato quello delle economie regolate, figlie di fallimenti del mercato particolarmente gravi, produttori di conflitti sociali e disoccupazione; nonostante questo, definire la Costituzione come un testo statalista o dirigista porterebbe a una lettura superficiale della stessa e a sottovalutarne la portata decisamente innovativa rispetto allo Statuto Albertino, incarnata dalla centralità riservata all’individuo.
Infatti, i costituenti hanno stabilito nell’articolo 41 che “l’iniziativa economica privata è libera” e, rinunciando in questo modo sia al modello economico di stampo comunista, sia a quello ispirato al liberalismo puro, hanno di fatto aperto a un sistema di tipo capitalistico fondato sul mercato e sul libero scambio. In questa cornice il privato può muoversi liberamente in condizioni di parità e concorrenza sia con altri soggetti privati sia con i poteri pubblici, i quali possono operare come un imprenditore, a patto di coordinare le esigenze di sviluppo economico con quelle di giustizia sociale e di sviluppo della persona, così da raggiungere risultati socialmente apprezzabili.
Poste le garanzie operative, non manca nell’art. 41 la definizione di limiti e condizioni. In particolare, il secondo comma dell’articolo in questione prevede che l’attività privata non possa svilupparsi in contrasto con l’utilità sociale né recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Il terzo comma concretizza tali condizioni, introducendo un’attività di controllo finalizzata al coordinamento dell’attività economica pubblica e privata con i fini sociali.
L’altra norma interessante in materia di servizi pubblici è l’articolo 43:
A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
L’intervento dello Stato previsto da questa disposizione è subordinato alla sussistenza di fini di utilità generale, i quali consentono che determinate attività siano riservate ai poteri pubblici ab origine o successivamente, a seguito di un’espropriazione e salvo indennizzo. Le imprese che si occupano di servizi pubblici essenziali, fonti di energia o che operano in situazioni di monopolio, rappresentando un preminente interesse generale, possono essere gestite anche da enti pubblici o da comunità di utenti o di lavoratori.
L’art. 43 introduce quindi il cosiddetto regime della riserva, ispirato, nelle intenzioni dell’Assemblea costituente, a creare un sistema economico improntato alle ragioni di solidarietà e coesione sociale, in cui lo Stato potesse essere non solo un mero regolatore, ma un protagonista attivo.
Le imprese che possono subire questa destinazione vincolata si occupano di fonti di energia o servizi pubblici essenziali, oppure operano in situazioni di monopolio; per la definizione dei servizi pubblici essenziali, il testo di riferimento è la legge n. 146 del 1990 e successive modifiche, la quale disciplina il diritto di sciopero in questo settore. Ai fini di tale legge, si considerano servizi pubblici essenziali “quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione”.
Di conseguenza, quelle attività finalizzate al soddisfacimento delle esigenze della collettività, come ad es. il trasporto ferroviario o l’erogazione del gas, vengono riservate al pubblico nella convinzione che una gestione privata non possa prescindere da finalità lucrative: così, la sentenza 59 del 1960 della Corte Costituzionale qualificava la diffusione radiotelevisiva sia come un’attività da svolgersi in regime di monopolio, sia come dotata dei caratteri di preminente interesse generale idonei a consentire l’avocazione di tali servizi allo Stato.
Sino alla fine degli anni ‘80, l’art. 43 ha conosciuto un’applicazione diffusa, che si concretizzava in gestioni pubbliche dei servizi dirette o indirette; con la prima modalità, lo Stato impiegava un proprio organo per l'amministrazione delle attività riservate, mentre con la seconda la gestione era affidata nelle mani di un ente pubblico1. Un altro strumento utilizzato è stato quello delle concessioni, per cui lo Stato assegnava ad una società per azioni organizzata secondo un modello imprenditoriale la gestione, mantenendo i poteri di indirizzo e controllo.
Queste società erano per lo più a partecipazione pubblica necessaria, giacché diversi provvedimenti amministrativi limitavano la circolazioni delle azioni, assegnano la partecipazione totalitaria delle stesse all’azionista pubblico.
Il punto di svolta è ormai noto: le privatizzazioni degli anni ‘80 incidono sulla portata dell’art. 43 che diventa una norma eccezionale, a fronte del generale paradigma concorrenziale: il pubblico diventa un regolatore e il suo intervento deve limitarsi alle ipotesi di fallimento del mercato e ciò sebbene tale norma valorizzi il carattere di pubblica utilità dei servizi, se non addirittura la loro indispensabilità. Il regime di riserva a favore di imprese nazionalizzate voleva infatti garantire che i servizi fossero offerti costantemente nel tempo, in modo adeguato e a prezzi ragionevoli.
C'è dunque da chiedersi quale sia oggi la reale portata dell'art. 43, anche alla luce delle disposizioni comunitarie nel frattempo intervenute. E' possibile tracciare un parallelo tra questa norma e l'art. 106 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE): entrambe ammettono che i servizi pubblici possano essere interessati da schemi concorrenziali, i quali però incontrano il limite delle specifica missione che i servizi possono rivestire.
In questo quadro, l’effettività dell’art. 43 sembrerebbe trovare riscatto nell'art. 16 del Trattato Ce e nell'art. 36 della Carta Europea dei diritti fondamentali, le quali evidenziano il ruolo fondamentale del concetto di coesione economico - sociale, il quale dovrebbe guidare le politiche pubbliche. Con questo concetto infatti si bilancia il mercato e la concorrenza con il principio di uguaglianza sostanziale e con quello di solidarietà, i quali trovano attuazioni concreta nella parità di trattamento e nella perequazione tariffaria. Questa interpretazione delle norme consente di ritenere che per quei servizi pubblici che contribuiscono alla realizzazione della coesione economico - sociale siano derogabili le regole di concorrenza, ogni qual volta il mercato non sia uno strumento sufficiente al raggiungimento e al mantenimento di determinati obiettivi sociali.
Adottando questa prospettiva interpretativa, l’art. 43 recupera di effettività, per configurarsi come la disciplina valida per quelle attività economiche che rispondono a interessi generali e che hanno un alto impatto sociale; l'intervento dello Stato in caso di insufficienza del mercato è da considerarsi eccezionale ma pienamente legittimo ai sensi del diritto comunitario.
Comitato Acqua Pubblica Torino
1 I due esempi di gestione sono ben rappresentati dalle vicende delle Ferrovie dello Stato: esse infatti sono state amministrate sino al 1985 da un'azienda autonoma del Ministero dei Trasporti; dopo questa data, si è passati all'affidamento ad un ente pubblico, per poi arrivare nel 1992 alla trasformazione in una società per azioni.

Le Officine Corsare (Torino) incontrano Baltazar De la Cruz Rodriguez, segretario del Cocode (consiglio comunitario di sviluppo della comunità Ixil di San Felipe) ed esponente della lotta contro la costruzione di una diga che interessa tre cittadine nel bacino del Fiume Cotzal in Guatemala, bacino sul quale vivono le comunità Maya-Ixil, che rivendicano il proprio diritto all'autodeterminazione e alla vita.
Baltazar, di ritorno dal Forum mondiale dell'Acqua di Marsiglia, ci racconterà le ragioni e le pratiche della loro lotta: un momento di incontro tra movimenti internazionali uniti dal filo rosso comune delle lotte contro le derive mercatiste che in tutte le zone del globo professano la fede del profitto. Un momento per conoscere le lotte latinoamericane che, dalla Bolivia di inizio millennio tuttora proseguono in difesa dell'acqua e del territorio, per tessere quel filo diretto con le nostre battaglie a difesa dei beni comuni volte all'affermazione di un altro mondo possibile.
La serata inizierà alle 19.30 con un aperitivo e la proiezione del documentario Enel, l'energia che NON ascolta: il caso della regione Maya Ixil del Guatemala;
a seguire, alle ore 21.00 incontro con Baltazar De la Cruz Rodriguez (segretario del Cocode, il consiglio comunitario di sviluppo della comunità Ixil di San Felipe, Membro dell'Alcaldía Indígena di Cotzal, Guatemala) e Marco Lopez (Huamachuco, Perù. Sur-Società Umane Resistenti).
L' incontro è promosso da Officine Corsare e SUR-Società Umane Resistenti, in collaborazione con International Help, Comitato di Solidarietà con il Popolo del Guatemala, Comitato Acqua Pubblica Torino.
Lunedì 19 marzo 2012
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Forum italiano dei movimenti per l’acquaComitato provinciale Acqua Pubblica Torinowww.acquapubblicatorino.org - tel. 388 8597492 |
Quel che succede in Val di Susa restituisce finalmente alla terra il vero significato di Bene Comune, come ha fatto il referendum del giugno 2011 per l’acqua
La popolazione della Valle Susa, come il Forum Italiano dei Movimenti dell’Acqua hanno compiuto un percorso analogo verso il riscatto dei Beni Comuni dalla banalità del luogo comune.
La terra, l’acqua sono beni di tutti e sono Beni Comuni perché ciascuno partecipa alla loro gestione nell’interesse di tutti i viventi e di coloro che verranno.
È questa un’acquisizione culturale e sociale comune al movimento NoTav e al Movimento dell’Acqua, che è diventata pratica politica – quella vera – con la “pretesa” di governare direttamente il territorio in cui si vive, l’acqua senza la quale non si vive.
Principi e valori radicalmente incompatibili con il mito del denaro e la sovranità del mercato a cui appare ancora soggetta la cultura di governo di chi ricorre all’uso della forza per imporre le sue scelte.
Disarmiamo i mercati in difesa dei Beni Comuni
È sempre più vero che si scriva acqua o si scriva NoTav, si legge sempre democrazia.
Torino, 2 marzo 2012