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Comitato provinciale Acqua Pubblica Torino

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Signor Sindaco,

sottoponiamo a Lei e ai Consiglieri del Comune da Lei amministrato, le nostre considerazioni sui pareri in oggetto.

Ci sembra utile partire dal parere n. 5, relativo alla comparazione tra la figure della Società per Azioni e l'Azienda Speciale Consortile, che ha evidenziato la piena fungibilità tra loro delle due figure per tutti gli aspetti esaminati.

Da un punto di vista giuridico non si vengono a creare criticità e nemmeno differenze per quel che riguarda l'organizzazione interna, la gestione del personale, la distribuzione di eventuali utili (estesa dalla legge anche ai lavoratori delle aziende speciali), i rapporti con l'utenza, il diritto di accesso agli atti, la responsabilità degli amministratori, la giurisdizione della Corte dei Conti, l'oggetto sociale e l'assenza di qualunque soluzione di continuità dovuta alla trasformazione, compresa la continuità dell'affidamento in essere.

Rilevante semmai la maggior cogenza del divieto di cessione delle quote dell'Azienda Speciale Consortile, previsto dalla legge, rispetto all'attuale norma statutaria della Smat (punto 9 del parere). Maggior cogenza che il Comitato considera più aderente alla volontà del corpo elettorale espressosi nei referenda del 2011.

Vale la pena ricordare che anche gli altri pareri esaminati non hanno rilevato alcun impedimento giuridico alla trasformazione di SMAT, evidenziando semmai il mancato allineamento delle norme riguardanti le aziende speciali ad alcune intervenute modifiche di dettaglio della normativa riguardante le società commerciali.

Non si tratta di chiedersi ora se ci troviamo di fronte a una trascuratezza del legislatore o di una sua sottile volontà implicita di marginalizzare la figura giuridica dell'azienda speciale, questo dubbio appartiene alla sfera della politica e non del diritto.

Bene ha fatto il parere n. 5 a ricordare che questa scelta è politica e non giuridica.

La pubblica amministrazione non può eludere il suo dovere di esprimere una importante scelta politica, nascondendosi dietro supposti ostacoli di natura giuridica: non ne esistono.

Però si sono destinati mesi di lavoro e una spesa, di certo non eccessiva (ma rilevante per chi fa del taglio dei “costi della politica” una bandiera) per trovarci sostanzialmente  allo stesso punto di consapevolezza della assenza di ostacoli giuridici alla trasformazione (cd “eterogenea”) prevista dal Codice Civile  come chiarito dal documento sottoposto (gratuitamente) all’amministrazione comunale di Torino già nella precedente tornata, sottoscritto anch'esso da illustri giuristi (tra essi il prof. Mattei).

Successivamente alla stessa conclusione di ammissibilità della trasformazione è pervenuta la Corte dei Conti con parere delle Sezioni Unite di controllo sulle amministrazioni periferiche.

Parere che non può essere passato inosservato all'amministrazione comunale di Torino in quanto richiesto dalla stessa.

Diventa inevitabile chiedersi perché, di fronte a una scelta squisitamente politica, si è richiesta una consulenza essenzialmente, se non totalmente, di natura giuridica.

Occorre innanzitutto ricordare che la proposta di trasformazione nasce nel quadro di una generale rimessa in discussione della privatizzazione, sia formale (trasformazione in SpA delle aziende pubbliche con conservazione dell'intero pacchetto azionario in mano pubblica) sia sostanziale dei servizi pubblici nel quadro delle più ampie politiche di privatizzazione.

Questo è vero sia a livello locale, con la prima proposta di delibera di iniziativa popolare a Torino, sia con quella nazionale con i referenda, sia addirittura a livello internazionale, come dalla letteratura citata dal parere n. 5.

Di fronte all'ampiezza di tale processo stupisce la totale assenza di riferimenti puntuali alla relazione su vent'anni di privatizzazioni in Italia (con sguardo comparativo alle analoghe esperienze internazionali) approvata con delibera 3 del 2010 della Sezione di Controllo (sulla gestione dell'amministrazione dello Stato) della Corte dei Conti, che costituisce ancora oggi un imprescindibile quadro di riferimento ampiamente condivisibile per la sua obiettività.

Nello specifico sarebbe stato più utile entrare nel merito delle diversità di cultura gestionale e industriale tra i due modelli alternativi (SpA e Azienda Speciale) partendo dallo stato attuale.

Chiunque conosca le realtà aziendali, particolarmente nelle realtà di pubblico servizio, si rende conto di quanto la forma giuridica assunta indichi a lavoratori, management e utenti una diversa scala valoriale cui si ispira, nei fatti più che nelle affermazioni, la cultura dell'azienda.

Sulla contrapposizione, anche aspra, tra i differenti modelli culturali sarebbe valsa la pena di approfondire la riflessione relativa alle esperienze europee.

Valga per tutte il progressivo svincolarsi del management dalla proprietà pubblica sulle scelte strategiche (e non solo sulla gestione). Con un processo nella sostanza analogo a quello avvenuto nelle grandi società ad azionariato pienamente diffuso con le cosiddette “Public Company” nordamericane su cui esiste una ricca letteratura risalente agli anni ‘30 del secolo scorso. Processo che erode alla base proprio il principio di quel controllo analogo che giustifica l'affido diretto.

Tempo e risorse probabilmente non sarebbero state sufficienti per una ricerca sul campo, questa sì veramente utile al decisore politico; ma forse avrebbero consentito almeno una bibliografia ragionata.

Quantomeno si sarebbe potuto approfondire semmai quel percorso, iniziato autonomamente dall'incontro pubblico tra lavoratori, imprese e società civile, organizzato dal Comitato Acqua Pubblica di Torino pochi mesi or sono, vedi: 

 https://www.acquabenecomunetorino.org/index.php/convegni/giugno-2019-per-il-futuro-di-smat

Torino, 18 dicembre 2019

Comitato provinciale Acqua Pubblica Torino